vere come finestra sul mondo il Parco archeologico della Valle dei Templi non è da tutti soprattutto se, immersi in questo palcoscenico storico naturale, nel quale sorge il Giardino della Kolimbetra, da tempo si lavora per reintrodurre nel territorio l’ape nera siciliana, presidio Slow Food, ospitando alveari di apicoltori locali. Un percorso di tutela e salvaguardia dell’ambiente, che da tempo vede diversi attori del territorio lavorare sinergicamente per mantenere l’habitat naturale, ma che in determinati casi riesce a fondere i temi dell’inclusione e della sostenibilità, integrando arte e artigianato, ambiente e tradizioni gastronomiche per dare vita a una realtà che riesce a dare risposte concrete ai bisogni del territorio.
Si chiama “Apeoperosa” il progetto che la cooperativa sociale “Al Kharub” sta gestendo, finanziato dalla Fondazione di Comunità di Agrigento e Trapani attraverso il bando “Ripartenze inclusive” e dal crowdfunding attivato in collaborazione con il Comune di Agrigento nel quartiere di Villaseta,
Un progetto che sa di buono da tanti punti di vista, per esempio perché sta creando un percorso di reinserimento di giovani in situazioni di fragilità offrendo loro un’opportunità formativa e professionale, ma anche in quanto, attraverso la realizzazione di un laboratorio di piccola falegnameria, sta consentendo di costruire e, nel caso, riparare arnie e attrezzature di apicultura, per esempio i cassettini portasciami, che potranno salvaguardare l’ape nera sicula. Un luogo in cui potere formare e avviare i ragazzi a un’attività artigianale, che rischia di scomparire, attraverso un progetto che contiene la cura nell’integrazione sociale dei soggetti fragili, nella tutela ambientale, così come nella trasmissione delle tradizioni.
«Siamo nati nel 2011 come cooperativa sociale di tipo misto prevalentemente per l’inserimento lavorativo di persone con svantaggio – spiega Carmelo Roccaro, presidente di “Al Kharub ” –. Abbiamo cominciato ad allevare api nel 2012 aderendo al progetto nazionale “Apeslow” curato dal “Cra Api“, l’ Istituto Nazionale di Apicoltura e Bachicoltura di Bologna, insieme alle Università di Palermo e Catania e alcuni apicoltori del territorio. In questo momento abbiamo anche la concessione del marchio “Diodoros”, brand dei prodotti del Parco archeologico della Valle dei Templi, parte del progetto di valorizzazione del paesaggio attraverso la rivitalizzazione delle antiche produzioni che vanno dalla viticoltura all’olivicoltura, dalla mandorlicultura sino all’allevamento delle api ».
Ma c’è di più. Da un anno e mezzo, infatti, grazie all’impresa sociale “Con i Bambini”, la cooperativa sta partecipando al progetto “Youth & Food – Il cibo veicolo di inclusione“, capofila Slow Food International, creando un ponte tra Torino e Agrigento per dare modo a 60 minori stranieri non accompagnati, di età compresa tra i 17 e i 21 anni, suddivisi al 50 per cento tra le due città, di essere accompagnati in un’attività di formazione, tirocinio e inserimento lavorativo nell’ambito della filiera agroalimentare. Percorso nel quale è stato anche sviluppato un progetto di cohousing che favorisca la loro autonomia lavorativa soprattutto nel momento in cui diventeranno maggiorenni, inserendoli in corsi cucina, di apicoltura, potatura e innesto che possano trasformarsi in progetti imprenditoriali in grado si stare conle proprie gambe sul mercato.
Grande il valore di questo percorso anche per il luogo in cui sorge il laboratorio di “Apeoperosa”, ossia Villaseta, uno dei quartieri piu difficili di Agrigento, nel quale la cooperativa lavora da tempo insiene alle altre associazioni e alla parrocchia, nell’ottica di presidio di legalità.
«Un quartiere abbandonato – prosegue Roccaro – in cui in pochi fanno ingresso perchè ha una brutta fama, ma noi vogliamo ribaltare questa immagine ripristinando il tessuto sociale di una volta, riportando le attività economiche. Impressionante vedere oggi abbandonato il vecchio centro commerciale, pensando che sino agli anni ’80 pullulava di attività commerciali. Chi conosce Villaseta ricorda la bellezza di una volta. Non è molto distante dal mare, dalla Valle dei Templi, aveva tutte le caratteristiche per rappresentare una realtà di avanguardia. Nel tempo, però, qualcosa non ha funzionato, così è diventato un quartiere difficile dove c’è molta disoccupazione e le problematiche sociali sono numerose, ma noi stiamo facendo di tutto per offrire alla comunità un quartiere da vivere nuovamente e di cui andare orgogliosi».
Un viaggio che ha nel tempo portato la cooperativa a sviluppare il settore della ristorazione, nel quale alcune ricette hanno come ingrediente anche il miele prodotto all’ombra dei meravigliosi templi e che, neanche a dirlo, va a tuba tanta la sua bontà.
«L ’attività di ristorazione – racconta ancora Roccaro – in un primo tempo era un take away di cucina africana perchè la nostra cuoca, Mareme Cisse, è senegalese. Grazie alle sue abilità e alla grande capacità di sperimentare, abbiamo deciso di trasformarci in ristorante offrendo un tipo di cucina più legato al territorio con prodotti tipici locali, ovviamente sempre presidi Slow Food. Proponiamo una cucina che altro non è una rielaborazione delle ricette siciliane, senza fare mancare le influenze senegalesi ».
È, quindi, nel 2016 che nasce “Ginger People & Food ”raccogliendo un enorme successo sin da subito. Nel 2019 Mareme, inoltre, vince un’edizione del Cous Cous Fest di San Vito Lo Capo e il ristorante balza agli onori della cronaca portando la sua fama oltre lo Stretto. Nello stesso anno ecco arrivare il riconoscimento dei campionati del mondo di “Cuochi d’Italia”, passati su Sky. Un’apoteosi di successo, alla quale, purtroppo, segue dopo pochi mesi il Covid. Una battuta di arresto che però, non scoraggia nessuno del team, decidendo di tenere duro e aspettare tempi migliori. Che sono arrivati, tanto che “Ginger” è oggi inserito nella guida delle “Osterie d’Italia” di Slow Food che quest’anno ha portato la chiocciola, riconosciuta ai migliori ristoranti presenti nella stessa prestigiosa guida.
«Per la prima volta – aggiunge in conclusione il presidente di “Al Kharub”- si riconosce a una cuoca non italiana, che porta un’innovazione non strettamente legata alla cucina tradizionale, un ruolo importante nel veicolare un nuovo concetto di gastronomia che ormai, qualunque cosa se ne dica, viene condizionata da tante variabili. Per esempio, l’utilizzo delle spezie che Mareme ama, non è così scontato, anche perché in pochi le sanno usare bene. E’ il segno di qualcosa che sta cambiando anche nello scambio con altre culture, in questo caso di tipo gastronomico. Ovviamente, tutto quello che proponiamo nella nostra cucina utilizza prodotti che arrivano dal territorio, compreso il nostro miele. Il cous cous, per esempio, viene preparato con metodologie tradizionali usando grandi antichi siciliani biologici. Pensate che arrivano da San Vito e da Trapani per gustarlo. Veicoliamo anche gli agrumi, biodiversità che si trovano solo negli antichi giardini e che facciamo assaggiare a tutti i nostri graditi ospiti ».
Una cucina che affonda le radici nella cultura e nella storia siciliana, ma che è anche orgogliosamente nera, come ama definirla l’energica cuoca senegalese, anima e cuore di “Ginger”.
«Adoro lavorare qui, ma soprattuto sapere di avere contribuito a far crescere questa attività – afferma la stessa Mareme, 42 anni, in Italia dal 2004 -. La nostra è una squadra che si è formata con il tempo e che, grazie al cibo da asporto che proponevano all’inizio, è cresciuta. Io ho sempre cucinato perchè con i miei genitori gestivo un ristorante a Dakar. Diciannove anni fa ho deciso di raggiungere mio marito che era in Italia e ho portato il mio bagaglio di esperienze nel vostro Paese, che ora è anche il mio. Mi piace quando le persone che decidono di passare una serata nel nostro locale vanno via con il sorriso sul volto. Per noi l’accoglienza è fondamentale, è come aprire le porte di casa nostra ».
Ma c’è un sogno ancora da realizzare ?
«Sinceramente il mio sogno l’ho già realizzato – conclude la giovane donna senegale -. È la stabilità, peraltro conquistata in una realtà, “Al Kharub”, nella quale si cresce giorno dopo giorno tutti insieme. A dire il vero un desiderio lo avrei. Vorrei che un un giorno “Ginger” diventasse un franchising che, dopo Agrigrento, aprisse a Palermo, Milano e, perché no, anche in Senegal. Sarebbe una bella soddisfazione per tutta la squadra. Magari è solo un obiettivo, più vicino di quel che penso».